martedì 8 maggio 2012

Chi ci ama ci libera

Dice Gesù: "La Verità vi farà liberi".
Il che vuol dire due cose: la prima, che la libertà è una buona cosa e che è un obiettivo da raggiungere. La seconda è che la strada per essere liberi è la verità. Ma, "Cos'è la verità?" si domandava Ponzio Pilato, interrogando Gesù. Sant'Agostino, per far capire come la risposta stesse nella domanda stessa, si servì dell'anagramma del passo del Vangelo di Giovanni: QUID EST VERITAS? (=Che cos'è la verità?), trasformandolo in:  EST VIR QUI ADEST! (= E' Colui che ti sta innanzi!). 


E' Gesù stesso che afferma di sè: "Io sono la Via, la Verità e la Vita".  Non ci sono dubbi. La Verità che rende liberi è lo stesso Figlio di Dio che è morto per spezzare le catene del peccato che ci imprigionavano.  Cristo è la Verità, perchè in Lui non c'è menzogna nè peccato. Cristo è la luce che illumina le tenebre, ci racconta la verità sull'uomo, sulla storia e sul suo destino eterno.
La libertà  non deriva nè dall'azione politica, nè dallo sforzo umano di svincolarsi dai suoi condizionamenti. La libertà non  può essere un'ideologia, nè il frutto di una guerra di liberazione. La libertà è la vittoria sul male - cosmico e personale - che imprigiona il cuore dell'uomo, e questa vittoria la conseguiamo solo attraverso la partecipazione al sacrificio del Figlio, nel dono del suo Sangue sparso sulla Croce. Ecco perchè solo in Cristo, mediante Cristo e in nient'altro che in Cristo possiamo aspirare alla libertà.

Il fatto che un cristiano sia chiamato ad essere libero, nella Verità che è Gesù stesso, ci offre un importante criterio di discernimento: tutto ciò che viene da Dio rende l'uono più libero, capace di scegliere in maniera responsabile e personale.

Bisogna riconoscere, purtroppo, che nella Chiesa attuale ci sono numerose realtà di aggregazione nelle quali gli aderenti sono trattati con altri criteri. In modo particolare si notano appartenenti a gruppi che sono completamente dipendenti dal loro fondatore. Fondatore idolatrato, venerato, ciecamente ubbidito, pur e soprattutto, senza che ci sia alcun voto di ubbidienza. O aderenti ad alcuni movimenti, totalmente succubi dei loro catechisti o capogruppo, abituati a battere le mani a comando e a rendere conto al catechista di ogni respiro, pensiero o intenzione, molto più a lui che al sacerdote in confessione. Ci sono fedeli che hanno scoperto o riscoperto la loro fede presso qualche luogo di presunte apparizioni, e che hanno bisogno di ritornare lì una o più volte l'anno per ricaricarsi e ritrovare l'entusiasmo, perchè la pratica abituale non li sostiene, ecc. ecc. Questi sono tutti esempi di cristiani non piccoli e ubbidienti, (grande virtù è essere piccoli e ubbidienti di fronte a Dio e alla Chiesa), ma insicuri, immaturi, incerti, deboli psicologicamente ancor prima che spiritualmente, con una coscienza estranea, con una vita di preghiera probabilmente superficiale. Questo non va bene.  Anche molti sacerdoti senza rendersene conto, come d'altronde molti genitori, educano facendo permanere chi è loro affidato in uno stato di soggezione e immaturità, rendendolo dipendente dalla figura di riferimento, alla quale si delega tutta la propria vita e le proprie scelte.  Ma Dio non ci vuole così. Dio respinge gli orgogliosi e chi si crede migliore degli altri, ma umiltà non vuol dire rinunciare ai propri talenti. E il primo talento che Dio ci dona è una testa pensante. Pur sottoponendo sempre la propria coscienza e la propria intelligenza, attraverso l'aiuto del Magistero, alla volontà di Dio, perchè questa è la vera libertà, il cristiano deve aspirare ad un rapporto da figlio, non da schiavo: chi ci ama ci libera.

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